Negli ultimi tempi, in Europa e soprattutto in Italia, il tema che ha (malauguratamemte) monopolizzato il dibattito socio-politico è quello dell'immigrazione, della quale si parla spesso con poca cognizione di causa e, conseguentemente, con tanta ignoranza e razzismo, come dimostrato dalle parole del ministro Salvini. In modo analogo a quanto accaduto in campagna elettorale, anche allo stato attuale i partiti di governo continuano a manipolare l'opinione popolare attraverso luoghi comuni rivolti ai migranti o agli Stati da cui essi provengono. Numerose sono le occasioni in cui è stato affermato (o meglio, urlato) che le uniche persone aventi diritto all'asilo politico in Italia sono coloro che fuggono dalla guerra. La realtà è ben diversa, in quanto lo status di rifugiato può essere concesso ad una vasta gamma di persone, tra le quali una grande parte di coloro che rischiano la vita per arrivare in Italia. Ma da dove vengono queste persone? Secondo l'UNHCR, il 19% arriva dalla Nigeria, mentre il 13% dall'Eritrea. Ed è proprio del Paese incastrato tra Etiopia e Sudan nel Corno d'Africa che andremo ad argomentare in questo articolo. Innanzitutto occorre precisare che gli eritrei in fuga dalla propria madrepatria sono, in base a quanto sancito dalla Convenzione di Ginevra del 1951 sui rifugiati, classificabili come rifugiati stessi, e acquisiscono così diritto alla protezione internazionale. Le ragioni per cui la gente è portata ad emigrare dall'Eritrea sono molteplici e per risalire alle loro origini è necessario compiere qualche passo indietro nella storia moderna del Paese, la cui vita politica, sociale ed economica è sempre stata condizionata dalle varie dominazioni imperialiste che si sono succedute nel corso dei decenni. Già dal 1869 l'Eritrea entrò nella sfera economica dell'Italia, che finì per acquisire il controllo totale del Paese nel 1890. La dominazione italiana comportò un incremento demografico notevole, specie nella capitale Asmara, ma una consequenziale crescita della disparità tra gli invasori e le popolazioni indigene. Nonostante l'ammordanamento infrastrutturale, il regime fascista non mancò di sfruttare l'Eritrea come base militare per condurre l'invasione dell'Abissinia. In piena guerra mondiale, nel 1941, l'esercito britannico occupa l'Eritrea, che diventa protettorato britannico fino alla seguente annessione all'Impero d'Etiopia. La guerra di liberazione fu lunga e sanguinosa, ma nel 1993 l'Eritrea ottenne l'indipendenza e Isaias Afewerki, leader indipendentista sedicente marxista, divenne primo ministro. Da allora l'Eritrea si è trasformato in un Paese governato da uno dei più spietati regimi dittatoriali dei nostri tempi. Ogni forma di opposizione al pensiero del leader è punita con l'arresto. La Costituzione eritrea è stata formalmente approvata nel 1997 ma mai applicata. La libertà di informazione è praticamente inesistente: l'ultimo giornale indipendente è stato chiuso nel 2001 e tutti i giornalisti arrestati o fatti sparire, e a dimostrazione di ciò l'Indice di Libertà di stampa pubblicato da Reporter Senza Frontiere, ha classificato l'Eritrea come il Paese con meno libertà di stampa al mondo. Ma è solo l'obbligo di adeguarsi al pensiero unico del leader che spinge la gente a scappare dall'Eritrea? In realtà i motivi principali che esortano il popolo eritreo a fuggire illegalmente dal loro territorio (è impossibile uscire dai confini legalmente) sono principalmente la disastrosa situazione economica e, soprattutto, il servizio militare obbligatorio a tempo indeterminato. L'economia eritrea è bloccata da un embargo commerciale imposto dagli USA (che considerano l'Eritrea un paese sponsor del terrorismo islamico), ed essendo fortemente ostacolata da carestie, corruzione e mercato nero, oltre che dalla pressoché totale assenza di turisti annui, non riesce a garantire stabilità alla popolazione. Paradossalmente, l'unico Paese della NATO ad intrattenere relazioni privilegiate con lo stato di Afewerki è proprio l'Italia, che ne finanzia gli armamenti. Ma, come sopraccitato, il pericolo più grande da cui fuggire è la leva militare obbligatoria per tutti i maschi di età compresa tra i 18 e i 40 anni, nonostante questo limite venga spesso ignorato. Sono molte le testimonianze che riportano come in realtà il servizio militare costringa gli adepti ai lavori forzati, a vantaggio di aziende straniere o governative. Cifre certe riguardo il numero di arruolati/prigionieri sono indisponibili, dal momento che non è possibile a nessun osservatore dell'ONU, o di Ong indipendenti, di avere accesso al Paese. Le migrazioni degli eritrei non hanno come meta esclusivamente l'Europa, ma addirittura sono in molti coloro che tentano di attraversare lo stretto Bāb el-Manded per arrivare in Yemen (dilaniato da più di 3 anni da una sanguinosa guerra) pur di fuggire dal regime. In conclusione, la situazione in Eritrea è critica, e gli abitanti che fuggono da essa hanno ogni requisito per essere considerati rifugiati. Probabilmente a Salvini non importa (probabilmente non vedrebbe nemmeno di cattivo occhio il regime di Afewerki), come non importa che gli 8 eritrei trasferiti dal barcone con 450 migranti a Lampedusa sono stati trovati in grave stato di denutrizone e disidratati, ma il diritto internazionale non si viola, ed è ora che qualcuno glielo faccia capire, in un modo o nell'altro.
-Adriano Livrieri
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AutoreSiamo due ragazzi con la passione per il mondo. Non conosciamo muri nè barriere, solo orizzonti Archivi
Ottobre 2018
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