È ormai evidente come in Europa ogni tornata elettorale assuma, per il comune cittadino, il ruolo che ha un controllo clinico affrontato con la sensazione che ci sia qualcosa che non va e con la speranza che il medico in questione devii le sue preoccupazioni rassicurandolo. Con l’avvento del nuovo millennio e, soprattutto, del secondo decennio di tale periodo i cambiamenti della società dalla natura complessa e difficile da analizzare sono pian piano risultati sempre più marcati, influenzando ogni aspetto della vita privata e politica. Sempre in più Paesi sono cresciuti partiti di estrema destra, neonazisti e neofascisti, cavalcando paure causate da nemici immaginari scelti occasionalmente, in questo caso i “migranti” e l’Unione Europea. Più volte quest’ultima organizzazione ha tremato negli ultimi anni, ma in un modo o nell’altro si è sempre, o quasi, riusciti ad evitare il peggio, come in Francia, in Olanda, in Germania o in Austria. Fatta eccezione per i Paesi del Visegrad (Ungheria, Polonia, Repubblica Ceca e Slovacchia), in mano alla destra radicale da anni ed escludendo il caso Brexit, solo in Italia la destra xenofoba e razzista è riuscita ad avere il controllo del governo. Quest’ “onda nera” si è spinta fino al profondo nord, più specificatamente, nella democratica e tollerante Svezia, lo Stato europeo che accoglie più rifugiati in relazione alla sua popolazione (23 ogni mille abitanti, più di 230mila in totale). Proprio sfruttando lo stesso metodo risultato vincente in Italia e persino oltre oceano, il partito neonazista “Democratici Svedesi”, impersonato dal giovane e carismatico Jimmie Akesson, puntava ad un glorioso risultato alle elezioni legislative di domenica 9 settembre. I sondaggi lasciavano presagire una crescita esponenziale del partito razzista e radicato su posizioni anti-immigrazione. Alcune rilevazioni ipotizzavano persino che “Democratici Svedesi” (SD) potesse diventare il primo partito del Paese, destituendo dal primato i Socialdemocratici, partito svedese più votato dal lontano 1917, guidati dal premier uscente Stefan Lövfen. Nonostante l’indiscutibile crescita di consensi ottenuta, Akesson e i suoi “scagnozzi” non hanno rispettato le aspettative della vigilia, attestandosi “solo” al 17%, terzo schieramento più votato e preceduto dai Moderati (della coalizione di centro-destra “L’alleanza”) al 19% e dai Socialdemocratici al 28%, i quali rimangono primo partito a dispetto del calo di quasi tre punti percentuale rispetto alle scorse elezioni. Tale risultato è stato reso possibile soprattutto dalla grande popolarità che il partito di centro-sinistra riscuote tra la classe operaia e nella popolata regione di Stoccolma. Le elezioni di domenica scorsa, oltre all’exploit mancato dell’estrema destra, hanno avuto come esito principale una crescita corposa dei piccoli partiti. La liste “Centro” e “Democrazia Cristiana”, entrambe parti della coalizione di centro-destra, crescono regolarmente (8,6% e 6,4%), mentre “La Sinistra” raggiunge l’8%, migliorando anch’essa il suo piazzamento. Più contenuta invece la crescita dei Liberali, mentre i Verdi, in coalizione con Sinistra e Socialdemocratici, superano di poco la soglia di sbarramento.. Sebbene i Democratici Svedesi abbiano ottenuto meno del previsto, il loro è comunque un risultato molto importante da analizzare da due punti di vista: quello squisitamente politico e quello sociale, se così lo si può chiamare. 1.Cosa succede ora in Svezia? In questo momento è difficile capire se e quando la Svezia avrà un esecutivo stabile, dal momento che né la coalizione di sinistra (40,6%) né quella di centro-destra (40,3%) hanno i numeri per formare una maggioranza parlamentare. Questo perché i nazionalisti hanno raccolto tanti consensi quanti ne bastano per bloccare la formazione di una maggioranza e, di conseguenza, avere un ruolo decisionale di rilievo all’interno del parlamento. Al momento entrambe le coalizioni hanno escluso a priori accordi con gli SD. Lövfen ha dichiarato che “sta ora ai partiti politici cooperare responsabilmente e creare un governo forte” e che “un partito con radici neonaziste non potrà mai offrire nulla di responsabile”, auspicando in un governo di larghe intese tra le due coalizioni, ipotesi che tuttavia non trova il sostegno di Ulf Kristersson, leader dei Moderati, che ha esplicitamente affermato che il tempo di Lövfen è finito. L’ipotesi più verosimile è quella che vede la coalizione di sinistra (o eventualmente quella di centro-destra) formare un esecutivo di minoranza cercando volta per volta di ottenere l’appoggio delle altre forze politiche. 2.Come si contrasta l’avanzata neonazista? Non si può certo dire che la Svezia navighi in acque poco sicure economicamente: la crescita è stabile e la disoccupazione non tocca nemmeno il 6%. Tuttavia il fenomeno immigrazione, filtrato dall’aggressiva retorica xenofoba di Akesson, ha inquietato non poco l’opinione pubblica. In Svezia, come in altri Paesi europei impegnati nell’accoglienza di queste persone, il concetto di accoglienza non è sovrapponibile a quello di integrazione. Per garantire integrazione, e quindi distruggere sul nascere ogni tentativo di rigurgito xenofobo, è necessario garantire lavoro e stabilità economica, non relegare gente che non ha niente con sé nelle periferie della città, spesso in situazioni di degrado. Perché è dalla povertà e dall’emarginazione che nascono situazioni pericolose come quella di Alby, quartiere periferico di Stoccolma molto pericoloso per via della presenza di gang criminali (non solo straniere) e della popolarità dell’integralismo islamico. La lezione che l’Europa ha l’obbligo di imparare ma che sembra non voler impegnarsi più di tanto a farlo è che accoglienza e integrazione sono due doveri, perché ogni cittadino, al di là della provenienza geografica o sociale, ha diritto a poter condurre una vita dignitosa. Ovunque. -Adriano Livrieri
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AutoreSiamo due ragazzi con la passione per il mondo. Non conosciamo muri nè barriere, solo orizzonti Archivi
Ottobre 2018
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