Lo Zimbabwe è un Paese dell’Africa sub sahariana, confinante, tra gli altri, con il Sudafrica, con il quale condivide il suo triste passato coloniale sotto il dominio britannico durato fino al 1980. Una volta ottenuta l’indipendenza, dopo sette anni in cui il paese è stato governato da Canaan Banana, nello Zimbabwe è iniziato un lungo periodo di dittatura che si è protratto per ben 37 anni che hanno visto al potere Robert Mugabe. Egli è stato, fino a poche settimane fa, membro dell’Unione Nazionale Africana di Zimbabwe Fronte Patriottico (partito di matrice essenzialmente anti-imperialista) e, durante la sua permanenza alla guida di questo territorio si è macchiato più volte di diversi crimini a discapito della sua stessa popolazione, denunciati ripetutamente da organizzazioni umanitarie come Amnesty International. La più lampante di queste violazioni dei diritti umani si ebbe nel 2005 con la cosiddetta “Operazione Murambatsvina” (letteralmente «spazza via l’immondizia»), ovvero la demolizione di più di 92000 case e il conseguente sfratto di circa 700000 persone. Gli ideali di Mugabe una volta conclusa la guerra di liberazione sono sempre stati alquanto lontani da una qualsiasi idea o forma di democrazia, come constatabile da una sua famosa dichiarazione in cui egli affermò che «solo Dio può destituirmi». Ma, a fine 2017, l’apparentemente interminabile mandato di Mugabe è stato interrotto in maniera brusca. Infatti, il 19 novembre dello stesso anno è stato estromesso come leader del partito (ZANU-PF) e due giorni dopo si è dimesso ufficialmente dalla carica di presidente dello Stato, dopo aver negoziato un accordo con i militari grazie al quale gli è stata garantita l’immunità familiare e una serie di privilegi a vita. Il 30 luglio si sono svolte le elezioni per decretare il suo successore che, tra i vari problemi, avrà il compito di contrastare un tasso di disoccupazione tra i più elevati al mondo (secondo le stime di “Le Monde” si attesta al 90%) e di riformare l’apparato statale. La votazione ha decretato Emmerson Mnangagwa, ex braccio destro di Mugabe e nuovo leader (nonché già presidente ad interim) dello ZANU-PF, terzo presidente nella storia dello Zimbabwe, sconfiggendo Nelson Chamisa, suo rivale del Movimento per il cambiamento democratico e leader dell’opposizione. Questi, quasi del tutto convinto della sua vittoria aveva annunciato anzitempo il suo trionfo; ma dopo lo spoglio dei seggi l’opposizione si è subito mobilitata denunciando gravi brogli elettorali e riversandosi nelle strade di Harare, la capitale, in una violenta protesta che ha portato a numerosi scontri con la polizia che ha ucciso tre manifestanti. I ribelli hanno inoltre arso numerose barricate e cartelloni nel centro della capitale provocando una violenta reazione dei poliziotti. Chamisa, nel giorno della sommossa ha organizzato una conferenza stampa, che è stata annullata forzatamente a seguito di un’irruzione da parte delle forze dell’ordine che sono intervenute con bombolette spray e gas lacrimogeni facendo scappare i giornalisti lì presenti. Il candidato sconfitto ha usato parole molto forti concernenti questi ultimi avvenimenti definendo la giornata di ieri come “un giorno di lutto per lo Zimbabwe”. La speranza è che il nuovo governo capeggiato da Mnangagwa, rispetti le promesse democratiche fatte durante la campagna elettorale e che anche l’opposizione possa avere un ruolo nella rivoluzione democratica dello Zimbabwe. - Federica Squicciarini & Adriano Livrieri
0 Commenti
Lascia una risposta. |
AutoreSiamo due ragazzi con la passione per il mondo. Non conosciamo muri nè barriere, solo orizzonti Archivi
Ottobre 2018
Categorie
|